Riflessione Giornata per la vita 2017

Donne e uomini per la vita nel solco di santa Teresa di Calcutta

La storia si ripete. Purtroppo quando l’egoismo e l’odio hanno il sopravvento la storia sembra non insegnare niente, riproponendo tragedie già viste; uomini e donne sensibili devono nuovamente constatare che nemmeno la morte dei più innocenti riesce a fermare le guerre e le sopraffazioni.

Così, appena un anno dopo l’immagine del piccolo Aylan, il bimbo siriano esanime fotografato su una spiaggia turca, dobbiamo incassare un nuovo pugno allo stomaco, guardando la foto di Mohammed Shohayet, di appena 16 mesi, anche lui morto affogato nel tentativo di fuggire dalla Birmania verso il Bangladesh.

Può sembrare strano aprire una riflessione sulla 39° Giornata per la vita, parlando di avvenimenti così oggettivamente tristi. La vita che nasce, infatti, è da sempre la più alta occasione di gioia e di speranza. Eppure le tragedie si ripetono e noi, pur sentendoci impotenti di fronte ad esse, vogliamo almeno poter gridare al mondo il nostro sdegno. Per questo ci sentiamo di condividere la scelta unanime dei quotidiani nazionali ed internazionali di pubblicare la foto del piccolo Mohammed, per far luce su questa persecuzione etnica che colpisce un milione di persone.

Tra le tante, ci resta impressa la frase di un giornalista: “Ciò significa che non potremo dire di non aver saputo, quando ci chiederanno dove eravamo…”

Ma proprio quest’affermazione ci fa sorgere spontanea una domanda: perché l’atteggiamento cambia radicalmente quando si tratta di aborto? Perché non dovremmo avere la stessa consapevolezza, guardando in faccia la realtà dei bambini eliminati prima della nascita?

Forse che quei centomila piccoli italiani morti lo scorso anno, prima di vedere la luce, nei nostri ospedali o i 50 milioni nel mondo non abbiano la stessa dignità?

Forse perché dobbiamo continuare ad ingannarci immaginando il feto come “un grumo di cellule”, in spregio alla scienza che ci ha svelato ogni minimo dettaglio della crescita intrauterina?

La risposta più obiettiva è questa: perché le nostre coscienze devono continuare a essere anestetizzate, in modo da nascondere il problema.

Noi però non possiamo girarci dall’altra parte; la Chiesa italiana non intende girarsi dall’altra parte. Ce lo fa capire già dal titolo del messaggio per questa 39° Giornata per la vita: ”Donne e uomini per la vita nel solco di santa Teresa di Calcutta”.

Ce lo esprime apertamente dicendoci che “Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale.”

Ce lo conferma, infine, indicandoci come Testimonial la Santa Madre Teresa di Calcutta, la piccola “matita di Dio”, che ricevendo il Nobel per la pace non ebbe timore a dichiarare che “il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto”.

Come se non bastasse l’aborto, oggi l’altra faccia del disprezzo per la vita si trova all’alto capo dell’esistenza umana, quando cioè la vita volge al termine.

E’ di questi giorni la notizia, appena sussurrata nel silenzio quasi generale, che la Camera dei Deputati si avvia a discutere e approvare una proposta di legge per la legalizzazione dell’eutanasia delle persone deboli e malate, nascosta dietro le rassicuranti espressioni di “consenso informato” e “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento”.

In un comunicato stampa, il Comitato Verità e Vita alza il sipario sul provvedimento, mettendo in evidenza i punti salienti:

  • la soppressione di Eluana Englaro diventa il modello adottato dalla legge: il tutore potrà far morire il soggetto incosciente negandogli, oltre che le terapie, anche il cibo e l’acqua;
  • sarà possibile determinare la morte di neonati prematuri o disabili o affetti da malformazioni impedendo ogni trattamento intensivo neonatale;
  • anziani in stato di demenza, soggetti incapaci o privi di coscienza potranno rimanere senza le terapie necessarie per mancanza di consenso, così da giungere alla morte.

Questo è il fulcro della proposta: rendere possibile la morte procurata di tutti i soggetti “imperfetti” o “inutili”, se non addirittura “costosi” per la società e per i loro familiari. Una possibilità che riguarda tutti noi che, prima o dopo, avremo a che fare con malattie serie o l’età avanzata.

La proposta di legge non dà nessuna garanzia di cure adeguate. Le Disposizioni Anticipate di Trattamento funzioneranno solo a senso unico: permetteranno di interrompere le terapie anche salvavita, ma non obbligheranno i medici a proseguile.

Le ultime leggi approvate dal Parlamento, senza nemmeno tener conto della volontà popolare, non fanno ben sperare sull’esito di questa nuova battaglia; per questo abbiamo bisogno di implorare quell’alleato invincibile, l’autore della vita, il solo in grado di fermare questa discesa morale che sembra inarrestabile.

Pregare, ma senza smettere di essere testimoni della verità, “capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio”.

Se il mondo sceglie di ignorare i gravi attentati alla vita umana, qualcuno dovrà continuare a proclamare la verità, perché “la verità vi farà liberi”.

|