Riflessione Giornata per la vita 2011

Educare alla pienezza della vita

“Educare alla pienezza della vita”. E’ il titolo del messaggio con il quale il Consiglio Permanente della CEI invita a riflettere in occasione della XXXIII Giornata per la vita.

Giustamente, i Vescovi ritengono urgente mettere al centro dell’attenzione l’educazione al rispetto di ogni vita umana, dal concepimento al suo termine naturale. E’ l’unico sistema per far fronte all’inquietante deriva culturale che conduce all’assuefazione verso pratiche come la contraccezione abortiva, la fecondazione artificiale, l’aborto e da ultima l’eutanasia, che offendono la vita umana nella fase più fragile: «Tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido di chi non può difendersi.»

Il momento è tanto propizio quanto più si pensa alla discussione di questi anni che ruota attorno al tema del cosiddetto «fine vita», caratterizzata dalla consueta strategia messa in atto dalla “cultura della morte” basata sull’astuzia e sulla menzogna; la cruda verità viene nascosta dietro espressioni volutamente neutre: interruzione volontaria di gravidanza (IVG) per celare l’aborto, procreazione medicalmente assistita (PMA) per nascondere la fecondazione artificiale ed ora dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), lasciando intendere che nulla abbiano a che fare con il testamento biologico e l’eutanasia.

Il progetto di legge approvato dal Senato della Repubblica e attualmente in discussione alla Camera dei Deputati è stato oggetto di una attenta, minuziosa e approfondita valutazione da parte del Comitato Verità e Vita, le cui considerazioni sono contenute nel “Manifesto-appello Contro la legge sul testamento biologico e contro ogni eutanasia” e qui riportate in estrema sintesi (per leggerlo integralmente www.comitatoveritaevita.it).

La legge sul “fine vita” è un successo per coloro che in questi anni si sono impegnati nella costruzione di casi mediatici – su tutti la vicenda di Eluana Englaro, fatta morire di fame e di sete – allo scopo di “costringere” il Parlamento a legiferare in una materia già ampiamente presidiata dall’ordinamento giuridico, mediante il principio costituzionale di indisponibilità del diritto alla vita.

Il testo proclama di “riconoscere e tutelare la vita umana quale diritto inviolabile e indisponibile” (articolo 1 comma 1 lettera a), ma vi è in questo un’inquietante analogia con la legge 194, che affermava di “tutelare la vita dal suo inizio”, e poi rendeva lecito l’aborto a richiesta.

Il progetto di legge svuota dall’interno le leggi penali che vietano l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’istigazione al suicidio, che da sempre difendono il diritto alla vita: permette a rappresentanti legali di minori, incapaci o soggetti in stato di incoscienza di impedire terapie, se ritenute inutili o superflue; induce persone giovani e in buona salute a rifiutare, senza alcuna consapevolezza, con una firma in calce a un modulo, cure e terapie che potrebbero essere necessarie in un futuro lontano e incerto; spinge gli anziani e i malati a firmare la dichiarazione per non sentirsi un peso sugli altri; tiene distanti e lega le mani ai medici coscienziosi, imponendo il preventivo consenso scritto per ogni trattamento sanitario e vietando cure “sproporzionate” per una indeterminata categoria di soggetti “in fine vita”, con il divieto di accanimento terapeutico trasformato in uno strumento di contenimento dei costi sanitari.

Se sarà approvata, anche questa “legge ingiusta”, oltre a consentire l’uccisione di tante persone in condizione di debolezza, agirà nella coscienza sociale portando ad accettare soluzioni che dovrebbero essere aborrite; ancora più grave sarà l’effetto sui cattolici, costretti di nuovo a cercare le “parti buone” della legge e indotti a ritenere che le Dichiarazioni anticipate siano un bene, in quanto contenute in una legge sostenuta da una certa parte dello stesso mondo cattolico.

Un autorevole monito ci viene dalle parole del Santo Padre Benedetto XVI, nel discorso il del 28 ottobre 2010 ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile: «Quando i progetti politici contemplano, in modo aperto o velato, la decriminalizzazione dell’aborto o dell’eutanasia, l’ideale democratico – che è solo veramente tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana – è tradito nei suoi fondamenti (cfr. Evangelium vitae, n. 74). Pertanto, cari Fratelli nell’episcopato, nel difendere la vita “non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo” (Ibidem, n. 82).»

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